CERVELLO E CREATIVITA'

Quando ero piccolo avevo un compagno di classe che sapeva disegnare benissimo ed era mancino. La maestra mi spiegò che lui era più creativo perché era mancino. Volevo tanto essere mancino anche io per avere il potere speciale della creatività. Poi col tempo mi spiegarono che anche i destrimani hanno i loro doni, anche se l’essere pratico, analitico e logico non mi sembravano abilità altrettanto divertenti quanto la creatività.

Supereroi a parte, siamo realmente cresciuti con la convinzione che l’emisfero destro del nostro cervello sia sede del pensiero sintetico, artistico e creativo, mentre l’emisfero sinistro sia quello più organizzato e razionale. Ma è importante sapere che ad oggi questa visione (come pure quella che vede i mancini dotati di maggiore creatività) è stata ampiamente smentita o quantomeno superata.

Sappiamo che la scienza si evolve per modelli, ovvero rappresentazioni della realtà che siano in grado di spiegare i dati raccolti con esperimenti empirici. E così è facile che, disponendo di strumenti più evoluti (ad esempio la risonanza magnetica), si trovino nuovi dati che non sono più spiegabili con i vecchi modelli e ne nascano di nuovi.

Tuttavia, la parte buffa di questa storia è che, a voler leggere bene i dati scientifici, non ci sono mai stati studi definitivi e modelli scientifici che descrivessero esplicitamente questa ripartizione destra-sinistra. Sì, esattamente, si tratta di un enorme fraintendimento!

Tutto parte da Roger Sperry, chirurgo e neuroscienziato che nei primi anni ’60 fece alcuni esperimenti su pazienti affetti da epilessia, tagliando il corpo calloso che unisce l’emisfero destro a quello sinistro. Questa operazione in molti casi guariva il paziente, ma portava ad alcuni comportamenti strani, avendo appunto “scollegato” i due lati del cervello. Sperry poté svolgere molti studi grazie a questi pazienti e capire alcuni aspetti del funzionamento del cervello. Dai suoi dati emerse che l’emisfero destro elabora i dati in modo rapido, sintetico e globale, mentre invece l’emisfero sinistro analizza i particolari, programma e calcola. Studi che fruttarono a Sperry non solo il Nobel nel 1981, ma ebbero una enorme risonanza anche al di fuori del mondo accademico. Riviste come “Life” pubblicarono speciali sul cervello e dopo poco nacquero le prime teorie psicologiche che suddividevano nettamente i compiti dei due emisferi. Questo rendeva facile assegnare, in base al carattere di una persona, una “predominanza” di uno dei due emisferi. Nel 1973 il “New York Times Sunday Magazine” intitolò un pezzo “We are Left-Brained or Right-Brained”. 

E la storia prosegue in questo modo: come un lungo telefono senza fili i dati di Sperry sono stati tramandati nel tempo aggiungendo e ingrandendo ipotesi per poi renderle un dato di fatto non supportato da dati scientifici concreti. In estrema sintesi Sperry aveva studiato pazienti dotati di cervelli menomati, con strumenti ben diversi da quelli di cui disponiamo ora. Oggi abbiamo nuove tecniche non invasive come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che consente di rilevare quali aree cerebrali si attivano durante l'esecuzione di un determinato compito (come parlare, leggere, pensare o muovere una mano).

Detta in parole più semplici, Sperry e i suoi colleghi erano in grado di dire per esempio che, se l’emisfero sinistro era danneggiato, il paziente aveva problemi nel linguaggio, nell’aritmetica e nell’analisi, mentre se l’emisfero destro era danneggiato i problemi si riscontravano nel capire le mappe o nel riconoscimento facciale. Con le moderne tecniche possiamo vedere in pazienti sani esattamente quali aree del cervello sono attive, mentre legge, mentre parla, sogna, immagina… 

Grazie a queste tecniche e a studi recenti possiamo dire che no, il mio compagno di classe non era più creativo perché era mancino. E che la creatività non risiede nell’emisfero destro o una singola area del cervello. I nuovi dati descrivono il cervello come una serie di reti che coinvolgono varie aree del cervello a seconda della tipologia di attività e pensieri che deve sostenere.

Un nuovo modello porta la firma del Dr. Stephen Kosslyn, neurobiologo cognitivo docente ad Harvard, che nel 2015 ha proposto una suddivisione in cervello “alto” e “basso”. Sulla base di questa divisione Kosslyn ha formulato una teoria che identifica quattro modalità principali di pensiero: “dinamica” (mover), “percettiva” (perceiver), “stimolativa” (stimulator), “adattiva” (adaptor).

E così dal cervello destro e sinistro, siamo passati al cervello alto e basso,… si potrebbe pensare che sia cambiato poco. Non è così, c’è una differenza sostanziale di fondo su cui tutti gli scienziati concordano: non è possibile assegnare ad una singola porzione del cervello una caratteristica unica. Ogni attività è figlia dell’interazione di più aree cerebrali che si attivano contemporaneamente. Infatti, studi ancora più recenti identificano 3 reti principali: una Executive Attention Network, attiva ad esempio quando ci concentriamo su un problema complesso, una Imagination Network, che si attiva quando dobbiamo progettare o immaginare e un Salience Network, che gestisce il flusso di informazioni provenienti sia dall’esterno che dall’interno. Ciascuna di queste reti coinvolge diverse parti del cervello.

 

In buona sostanza possiamo serenamente abbandonare una visione dicotomica del cervello per abbracciare una visione sistemica, che per certi versi è anche più rassicurante. Possiamo sgombrare il campo da falsi stereotipi che dividono i nostri cervelli in razionali e creativi, e gioire di un variegato e puntiforme universo di individui, ciascuno con i suoi “poteri speciali”, riconducibili alle complesse strutture e connessioni del suo cervello. 

E come i neuroni interagendo tra loro costruiscono la magia del pensiero, sta a noi, nella relazione con il prossimo, costruire la vita e il mondo che ci circonda.

 

Articolo scritto da NICOLA RAULE e MIRELLA CACCO

 

Bibliografia:

Stephen M.Kosslyn, G. Wayne Miller, Cervello alto e cervello basso, 2015

Liu, S., Chow, H., Xu, Y. et al. Neural Correlates of Lyrical Improvisation: An fMRI Study of Freestyle Rap. Sci Rep 2, 834 (2012)

Arden R, Chavez RS, Grazioplene R, Jung RE. Neuroimaging creativity: a psychometric view. Behav Brain Res. 2010;214(2):143-156

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